martedì 25 marzo 2014

Funüjie: Donne italiane in Cina -Parte 2-

A: Emme, ad un certo punto della tua carriera ti sei trovata non più davanti ma dietro alla cattedra: il fatto di aver iniziato ad insegnare poco dopo la laurea ti è stato d’aiuto? 

M: Sì. Il percorso d'insegnamento è cominciato più o meno un anno dopo la laurea: mi sentivo ancora molto vicina al mondo accademico e ricordavo bene quali potevano essere le esigenze di uno studente e questo mi ha indubbiamente aiutato nell’insegnamento.

A: Secondo te, quali sono le difficoltà della lingua cinese per uno studente italiano?

M: Una delle difficoltà che io stessa ho avuto modo di riscontrare come studentessa è il primo impatto: è sicuramente il momento più critico che spesso porta a decidere se continuare nel percorso di apprendimento o lasciar perdere.
Non si tratta solo della lingua in sé ma, secondo me e come molti altri hanno descritto, dell’approccio mentale totalmente diverso, con radici storiche che affondano nell'alba dei tempi: bisogna riuscire ad avvicinarsi non solo alla lingua ma anche alla cultura, ad un modo di pensare e di vedere le cose completamente differente. All'inizio questo può risultare difficile ma, una volta che lo si è acquisito, ci si sente incredibilmente arricchiti.

A: Ci sono altri fattori che, secondo te, possono causare difficoltà nell'apprendimento della lingua cinese da parte di uno studente italiano?

M: Sì, certo! La lingua cinese, a differenza di quelle europee, come tutti sappiamo, si sviluppa sui caratteri e ad un principiante, questi possono ahimè sembrare solo un mucchio informe di “segnetti”. E’ difficilissimo inizialmente riuscirvi ad individuare un senso grafico logico e attribuire meccanicamente ad ogni carattere un determinato suono e significato! E poi ... ce ne sono a migliaia!

A: Una difficoltà è anche la pronuncia …

M: La pronuncia e i toni; questi ultimi sono un concetto che a noi italiani non è assolutamente familiare, anzi!

A: Per quanto riguarda la pronuncia, qual è stata la prima reazione dei tuoi studenti?

M: All'inizio hanno manifestato un totale smarrimento e in molti si chiedevano: “Ma chi me l'ha fatto fare!?”. In fondo è quello che forse abbiamo provato un po' tutti!

A: E' vero! Tutti quelli che hanno studiato cinese prima o poi si pongono questa domanda!

M: Poi, per fortuna, toni a parte, il cinese in fondo non prevede una pronuncia estremamente difficile. Bisogna comunque avere, come per tutte le lingue, un buon orecchio e mettersi in testa che bisogna studiare. Lo studio individuale è imprescindibile: studiare il cinese frequentando esclusivamente delle lezioni frontali è impensabile e per raggiungere un livello soddisfacente è necessario ritagliarsi degli spazi e dei momenti per studiare da soli.

A: Magari, aggiungo, anche ascoltando canzoni, leggendo materiale diverso da quello scolastico. Per esempio, quello che è stato utile a me nell'esperienza di apprendimento della lingua cinese è stato ripetere "a pappagallo" le frasi che sentivo dai cinesi in giro, cercando di riprodurre gli stessi suoni e facendoli miei.

M: Sicuramente! Poi adesso rispetto a una volta siamo anche avvantaggiati: grazie a strumenti come internet che permettono di accedere a piattaforme web di condivisione come Youtube, o le versioni cinesi Tudou (http://www.tudou.com/) e Youku (http://www.youku.com/), si ha modo di accedere a moltissimi file multimediali, spesso anche sottotitolati.

A: Ultimamente si sente spesso dire che il cinese potrebbe diventare la lingua del futuro. Tu che cosa ne pensi?

M: Forse, non in un futuro troppo ravvicinato. Anche se al momento la diffusione dell’insegnamento della lingua cinese sta sicuramente crescendo in tutto il mondo, Italia compresa: sempre più licei, ad esempio, offrono corsi di cinese all’interno dei propri istituti. Il cinese è comunque una lingua che necessita di un lungo periodo di apprendimento perché si possa raggiungere un livello almeno sufficiente per una comunicazione fluente. Quindi, sì, data l’attuale diffusione del suo insegnamento, immagino un giorno diventerà sicuramente una delle lingue mondiali ma l’inglese avrà il suo peso ancora per molto tempo.


A: Abbiamo parlato della lingua cinese e tu hai avuto esperienza sia come studentessa che come insegnante: consiglieresti ai lettori di  studiare questa lingua? Perché?

M: E’ una lingua che consiglierei di studiare innanzitutto per un proprio arricchimento personale. Come dicevo, lo studio del cinese favorisce una notevole apertura mentale potenziando il nostro “solito” modo di vedere e pensare: ad un certo punto ci si rende conto che il cervello deve ricorrere ad un modo di ragionare totalmente diverso da quello consueto per poter comprendere, apprezzare e applicare questa lingua.

A: Al di là della lingua, consiglieresti anche un viaggio in Cina, magari a chi finora non ci ha mai pensato?

M: Al giorno d’oggi, vista l’importanza che sta acquisendo la Cina nella vita quotidiana - oltre che per il peso politico ed economico, anche per quello culturale, basti pensare alle migliaia di cittadini cinesi che risiedono sul nostro territorio – ritengo opportuno fare un viaggio in Cina per entrare in contatto con la sua cultura millenaria e le meravigliose persone che la abitano. Potrebbe essere un’ottima occasione per prendere le distanze da molti degli stereotipi che abbiamo – ahimè - maturato negli anni.

A: Grazie Emme per la chiacchierata. Ti auguriamo tanto “fu” per la tua carriera!





sabato 8 marzo 2014

Funüjie: Donne italiane in Cina -Parte 1-


A: Ciao a tutti! Come l’anno scorso, abbiamo deciso di dedicare il mese di marzo allo yin e allo yang, alle fenici e ai draghi. Oggi per celebrare la festa internazionale della donna abbiamo deciso di intervistare una giovane donna piena di energie che ha deciso di lavorare a stretto contatto con la Cina. Benvenuta Emme, raccontaci qualcosa di te!

M: Ciao a tutti i lettori di “Nel Segno del Maiale”, mi chiamo Maria Gabriella anche se tutti quanti ormai, anche a lavoro, mi conoscono come MG. Mi sono laureata due anni fa a Ca’ Foscari in cinese, per la precisazione in Lingue ed Istituzioni Economiche e Giuridiche dell’Asia Orientale, un percorso a mio parere molto concreto che mi permettesse di avere delle aspettative lavorative un po’ più sicure.

A: Come mai hai deciso di avvicinarti alla Cina e di studiare cinese?

M: E’ stata una scelta ad esclusione: appena ho terminato il liceo non avevo la più pallida idea di cosa fosse la Cina; ne conoscevo solo la capitale, Pechino, ma dove si trovasse, era un vero mistero. Sapevo però di essere abbastanza portata per le lingue straniere, il piano formativo di Ca’ Foscari offriva una vasta gamma di lingue ma l’unica che prevedeva un percorso giuridico-economico era appunto il percorso in LISAO.

A: Come è stato il tuo primo viaggio in Cina?

M: Il primo viaggio in Cina è stata una bella sorpresa perché, nonostante alcuni dei docenti in Italia fossero madrelingua cinesi e quindi  noi studenti avessimo già avuto un approccio alla cultura e alla società cinese, non sapevo bene cosa aspettarmi. La realtà poi ha di gran lunga superato le aspettative e ammetto di essere tornata in Italia a malincuore! 
Dal punto di vista linguistico, l’impatto è stato quasi scioccante: mi aspettavo che dopo tre anni di studio riuscissi a comunicare abbastanza liberamente con i cinesi, invece, una volta arrivata a Pechino, mi sono resa conto che quello che avevo imparato fino a quel momento con buoni risultati e soprattutto, sudando sette camicie, era poco più che appena sufficiente per sostenere una normale conversazione.

A: Ci sono stati degli eventi che ti sono accaduti che hanno messo in luce la difficoltà nella comunicazione?

M: I primi episodi che mi vengono in mente sono legati ai taxi: mi capitava di chiedere di essere portata in un determinato posto, la mia pronuncia probabilmente non era a livelli ottimali e il tassista di turno non provava nemmeno a venirmi incontro per capire dove volessi andare.  Alla fine non restava altro da fare che aprire lo sportello, ringraziare e salire su un altro taxi. Della serie: “ritenta ancora sarai più fortunato” …

A: E’ una cosa che succede spesso …

M: … e le prime volte, chiaramente, non capisci nemmeno cosa tu stia sbagliando, ma presto te ne fai una ragione. Questo, però, ti spinge indubbiamente a migliorarti perché altrimenti non vai letteralmente da nessuna parte!

A: E’ anche vero che ci sono quei tassisti che hanno talmente tanta voglia di parlare, perché incuriositi dallo straniero, che a volte è difficile scendere dal taxi!

M: Esatto! Per esempio, adoravo quando iniziavano ad elencarmi tutti i giocatori di una particolare squadra o di tutte le squadre italiane o, addirittura, quando mi cantavano le arie delle più importanti opere italiane! I migliori tenori che io abbia mai conosciuto sono al volante di un taxi in Cina! 

A: Qual è stato il tuo percorso quando sei tornata in Italia?

M: La prima volta che sono tornata dalla Cina, in realtà, non mi sono fermata a lungo in Italia: durante la mia permanenza a Pechino avevo trovato un contatto per uno stage alla Camera di Commercio Italiana. Tempo di discutere la tesi triennale a Venezia ed ero già in partenza sul primo aereo per la Cina di ritorno nella metropoli. Questa volta per lavoro. 

A: Che differenza c'è tra studiare e lavorare in Cina?

M: Diciamo che, per quanto mi riguarda, la mia situazione era particolare: lavorando in 
un’istituzione italiana, ero naturalmente circondata da italiani. Ciò non toglie che comunque i ritmi lavorativi fossero totalmente diversi: la domenica, ad esempio, anche se per noi della Camera di Commercio era festiva, a volte non esisteva. In Cina poi non esistono orari, le chiamate di lavoro delle nove o alle dieci di sera, così come quelle delle sette e mezza di mattina sono all’ordine del giorno e non bisogna stupirsi. 

A: E dopo le prime esperienze in Cina, come è proseguito il tuo percorso?

M: Finiti gli studi e conseguita la laurea magistrale, è iniziata l'avventura lavorativa in Italia. Nonostante fossi consapevole della crisi che affligge il nostro Paese, ho provato a trovare un lavoro che fosse più o meno vicino a casa. Sono stata fortunata: sfruttando la competenza del cinese ho inizialmente lavorato in una azienda per circa un anno come commerciale estero. In seguito, ho abbandonato quel percorso e, grazie ad un po' di fortuna e alla giusta tempistica, sono stata selezionata tramite un concorso dall'Istituto Confucio qui a Venezia per un breve percorso di interpretariato e insegnamento della lingua cinese a livello base.